Le ragioni del mio impegno per la Calabria
Da quando ho annunciato la mia candidatura, ho ricevuto un’ attenzione strepitosa da parte dei calabresi. Il desiderio di voltare pagina è molto forte; e io a quel desiderio mi rivolgo…
…Tuttavia noto che, nonostante la chiarezza del messaggio, s’insinua una ‘lettura’ sbagliata, con l’intento di offuscarlo. Di due tipi: A) Callipo è il candidato di Idv, come se Idv avesse la peste, e non fosse, invece, una forza politica d’opposizione le cui istanze sono alla base di una normale Repubblica costituzionale; B) Callipo ha interloquito con alcuni leader del Pdl, quindi è inaffidabile, come se io vivessi di politica e non fossi, invece, un imprenditore con una storia lunga e orgogliosa che, però, si è stancato, come tutti i calabresi, di una classe politica inconcludente.
Nonostante le “letture” capziose, sono convinto che i calabresi, insieme a me, sono intenzionati a dare una spallata a quanto d’ impresentabile vi è in Calabria. E’ una scelta, la nostra, frutto di tante riflessioni sul Sud e su temi cruciali.
Quando leggo del Sud “palla al piede del Paese”, mi viene da segnalare le discrepanze tra le parole sul Sud e la realtà che molti commentatori conoscono poco e che a tratti è drammatica. Molte aree del Sud sono in mano a mafie e cattiva politica – come dimostra il ritrovamento della nave dei veleni nel Tirreno cosentino – il cui sfondo comune è l‘illegalità diffusa nella pubblica amministrazione.
La sicurezza del cittadino è a rischio, specie se osa discostarsi dal linguaggio che le regole omertose impongono; per chi non è un “prenditore” ma un imprenditore che ha a cuore il suo business, vivere al Sud è un atto eroico. Si è costretti a scontrarsi con cento problemi. La legalità al Sud è marginale, imperversano altri codici che non sono quelli dello Stato, altre regole, altri metodi.
In tutti i settori, la scuola, l’agricoltura, la sanità che, per esempio in Calabria, non è un’azienda dedita a soddisfare i bisogni dei pazienti, ma un coacervo di interessi politici/ clientelari. E ancora adesso, dinanzi allo sfascio finanziario, la politica seguita a utilizzarla per fare altri servi, altri signorsì.
Ora, dinanzi a tutto ciò c’è chi teme che il Sud col federalismo possa inabissarsi, ma il Sud, la Calabria segnatamente, è già fuori da tutto ciò che è Europa: concorrenza democratica, competizione civile; ogni cosa è finita – nell’indifferenza dello Stato – col corrompersi, sfuggire ad ogni controllo di legalità e di trasparenza. I miei cavalli di battaglia sono da sempre lo sviluppo e la legalità. Due motivi che si scontrano con la cattiva politica.
Dunque, io chiedo ai calabresi: vogliamo che niente cambi, tenendoci ancora questa classe politica e subendo la commistione di interessi tra politicanti, “prenditori” e malavitosi ? O vogliamo insieme dare una scossa?
La condizione sociale della Calabria è straordinaria e, dunque, occorrono, per un periodo di transizione, risposte forti e convergenti, per ristabilire il principio di legalità. Ridare dignità alla Calabria e ossigeno all’economia stagnante: da qui prende le mosse il mio impegno. Che la “casta” vede cosi male, perché io non sono uno di loro, per questo non mi sottoporrò alle “loro” primarie, uno strumento che, come ha spiegato molto bene l’on. De Magistris, aiuta gli apparati della politica e i poteri forti.
Alle soglie del voto per la Regione, l’opportunità che io vorrei offrire è una liberazione dalle catene. A chi mi ricorda che ho dialogato con Fini, voglio dire che non ho alcunché da nascondere. Ci sono politici che hanno compreso le difficoltà della Calabria, e con loro, sui temi della legalità e dello sviluppo, avrei voluto costruire qualcosa per la mia terra.
Sul Sud e i suoi guai, però, l’impressione che ho finora avuto, è che chi parla e scrive del Sud spesso non sappia dove sta di casa il Sud, perché parla di un Sud ancora in bilico a cui è data una possibilità. Ma da chi? Nessuno intende prendere in mano il destino della Calabria, ognuno lo evita perché teme di sporcarsi. Siamo noi calabresi che dobbiamo decidere il nostro futuro.
Quando ho espresso il desiderio di fare qualcosa per la mia terra, alcuni mi hanno chiwato: ma chi te lo fa fare? Fatti gli affari tuoi, lascia che i calabresi si tengano la zavorra che meritano. Il problema, però, non è solo affettivo, almeno per me, è anche economico. Il Sud che vedo io da imprenditore, ogni giorno, è perso. Perso per la democrazia e per lo Stato italiano, che lo ha usato per tanti scopi, prima l’industrializzazione del Nord, poi le clientele per le cordate pentapartitiche e, insieme ad altri centri di potere, per lucrare le ingenti risorse nazionali e comunitarie finite nelle tasche di pochi.
Il Paese e anche il Sud, reggono per via della moltitudine di piccole realtà economiche che, a costo di sacrifici immani, spingono la carretta. Il punto è che lo Stato non funziona. Quante opere pubbliche incompiute ci sono in Calabria? Nessuno risponde. E i nostri politici sono cosi poco autorevoli che nessuno a Roma li ascolta. E poi l’ostacolo delle mafie. Una lotta sistematica neppure s’ intravede.
Il Governo manda i soldati per combattere la microcriminalità al Nord, io ho chiesto, ma invano, l’esercito contro la ‘ndrangheta e per il controllo del territorio. La mafia non ha ideologie, è un cancro per il Sud e per chi ci vive, ma come può la parte migliore del Sud ragionevolmente fronteggiarla, se dal centro continuamente si premia il peggio del Sud, se i flussi di danaro pubblico si disperdono?
Qui è lo Stato italiano che ha fallito. Ogni giorno che passa il Sud scivola più a Sud. Lo Stato dovrebbe aiutare quello che nell’inferno del Sud resiste, e che, se aiutato, potrebbe contrastare l’illegalità che spesso ha nella cattiva politica un alleato. Dovrebbe farlo con atti concreti e non con proclami; e dovrebbe farlo mettendo in carcere la mafia con la penna e contrastando la mafia che spara. Io dico che il Sud non è una Repubblica a sé, ma della Repubblica italiana è parte e, purtroppo, questa Repubblica, con l’impotenza a risolvere i problemi gravi del Sud, dimostra di essere una Repubblica fragile. A non funzionare non è il Sud (che ha centomila colpe) ma l’Italia e le sue classi dirigenti. Se vogliamo tentare di svoltare, dobbiamo organizzare il meglio che vi è nello Stato con il meglio che vi è nel Sud.
Ognuno dovrebbe dire con chi sta e per fare cosa. In Calabria, però, a chiarirsi le idee deve essere anzitutto il calabrese: intendiamo andare avanti con questa brutta politica o decidiamo di cambiare?
Io propongo di sconvolgere gli attuali assetti politici che si reggono su taciti compromessi e scambi di favori. Proprio qui, oltre alle tante associazioni che mi sono vicine, entra in campo Idv, che ha condiviso il progetto di rinnovamento. Noi non intendiamo impossessarci di un angolino della Regione per soddisfare appetiti. Ma vorremmo – questo è il disegno – chiamare a raccolta il meglio della Calabria e rompere, con una rivoluzione pacifica, gli asfittici equilibri politici che hanno condannato la regione al sottosviluppo. Questa è la sfida che lanciamo.