Serve un assessorato per le politiche giovanili
L’esempio della politica è pessimo per i giovani, specie per gli adolescenti, e incentiva in loro il convincimento, come diceva Corrado Alvaro, “che vivere rispettando la legge è perfettamente inutile”. Da qui il passo verso l’illegalità, e quindi verso l’illegalità organizzata, è breve. Dobbiamo far capire ai giovani che la democrazia non solo è un bene ma anche una convenienza. Conviene vivere nella legalità perché si vive più a lungo, perché si è più liberi…
Serve un assessorato per le politiche giovanili.
I temi della devianza giovanile legati alla criminalità, ci pongono interrogativi urgenti. I numeri sono troppo inquietanti e ci dicono di una realtà italiana il cui degrado economico e sociale, si rivela attraverso il massiccio disagio giovanile che, in Calabria, diventa ancora più inquietante, perché da un lato si è dinanzi ad una situazione di disoccupazione generalizzata e di crisi delle istituzioni democratiche e della legalità (che sono poi i tratti della vecchia e mai superata questione meridionale) e dall’altro alle offerte convincenti e suggestive della mafia.
C’è una questione meridionale anche nelle problematiche del disagio giovanile che, a mio avviso, in Calabria e nel Sud interpella, prima ancora che le agenzie formative, la democrazia italiana che dallo Stivale è permeata da un pericoloso anti Stato che agisce, per conseguire i suoi abietti fini, strumentalizzando il disagio giovanile…
La povertà sociale e i cattivi esempi della democrazia calabrese irrobustiscono la mafia e le consentono un arruolamento facile.
Quando dico che in Calabria c’è, oltre che un problema drammatico come la mafia, anche un problema altrettanto gigantesco come il ricambio urgente della classe dirigente, intendo argomenti come questo.
Se il disagio giovanile che può sconfinare nel crimine, ha tratti più o meno analoghi nelle città e nelle periferie dell’Italia e dell’Europa e pone interrogativi su cui esperti di più discipline riflettono da decenni producendo una vasta letteratura, in Calabria il fenomeno può diventare esplosivo. Diventa non solo un fenomeno criminale, ma anche un fenomeno antidemocratico.
Nelle aree depresse del Mezzogiorno come la Calabria, i giovani che vivono in contesti ambientali oggettivamente degradati – scuola debole nelle strutture e nella formazione e agenzie formative, famiglia incluse, fragili o inesistenti – trovano nella mafia un’occasione di lavoro e un modello di riferimento che, profittando della loro gracile autonomia di pensiero e della forte spinta ad affermarsi, li affascina piuttosto che allontanarli.
Da un lato, una democrazia debole, che non offre alcuna prospettiva d’inserimento sociale e di realizzazione personale, una politica locale il più delle volte dedica agli affari e in connubio con forze oscure quando non criminali, uno Stato a sua volta distante, quando non addirittura ostile; dall’altro, invece, una struttura mafiosa organizzata e ricca, determinata nell’affermare la sua supremazia nel territorio attraverso una gerarchia del potere interno ben collaudata e riconoscibile e pronta ad agire con la violenza e la sopraffazione: ecco, come si può notare, qui non c’è partita.
In queste condizioni lo Stato ha perso e il disagio giovanile non solo diventa devianza criminale ma incrocia un anti Stato che lo assorbe e trasforma, in Calabria e nel Sud, la questione della devianza giovanile e del disagio in problema d’ordine pubblico e di democrazia che perde. Se aggiungiamo che a questa geografia delle nostre realtà, fa da sfondo la cultura televisiva del momento che diffonde modelli consumistici in cui la persona umana non ha valore e in cui l’onestà è un handicap e non un valore per arrivare al successo, l’esito che ne esce è sconfortante. Sicuramente, gli esperti dispongono di analisi puntuali sul fenomeno e di terapie più o meno sperimentate, io focalizzerei l’attenzione sul valore dell’esempio (ed è chiaro che penso a valori come dignità, onestà, correttezza, rispetto delle regole) che dall’intera filiera di soggetti che occupano lo spazio pubblico (ossia la democrazia e le sue rappresentanze regionali locali) che dovrebbe essere dato ai giovani e che, invece, il più delle volte è di segno opposto. Tutto diventa più grave nel Sud. Se altrove si viola la legge scattano tutte le reazioni conseguenti, processi, affidamento ai servizi sociali, carcere e quindi recupero ecc…; quando succede al Sud, nel vuoto di credibilità della democrazia calabrese, interviene anche un altro soggetto che sa come incanalare quel disagio dentro la sua organizzazione: la mafia.
D’altronde, come può la politica calabrese essere un esempio da additare ai nostri giovani che cercano modelli di riferimento da seguire? In questo modo, con questa politica che sconfina spesso nelle categorie delinquenziali quando amministra la cosa pubblica, che non ha come obiettivo l’uso produttivo delle risorse pubbliche ma la caccia del consenso con tutti i mezzi e quindi è portata ad affermare un potere e una modalità di fare politica che di per sé sono illegali ed antidemocratiche, i giovani percepiscono una democrazia che, in Calabria, attraverso i suoi rappresentanti, razzola malissimo e non dico neppure che predica bene, perché il più delle volte i politici che noi consociamo da 30, 40 anni, sempre gli stessi, predicano malissimo…
A loro, in fondo, la predica non serve proprio, perché sanno che il consenso – non conoscono altri sistemi – lo catturano non con l’esempio dell’onestà o col convincimento che si ottiene attraverso argomenti esaltati – per esempio con la passione e la dignità del lavoro – ma con la promessa di un posto di cui dicono subito per incitare i loro “clienti” che è buono perché non obbliga a lavorare ma consente solo di percepire il reddito; in Calabria, per la politica, il lavoro e la dignità che ne deriva ha purtroppo perduto da molti anni la categoria di valore, è stato ridotto a mezzo per avere i voti e far sopravvivere quel circuito perverso sostenuto dall’uso privatistico delle risorse pubbliche che, a sua volta, produce non sviluppo ma povertà per tutti. Dinanzi a un quadro siffatto, le giù deboli agenzie formative, scuola, famiglia, associazioni, non so proprio come possano sperare di fermare il circuito dell’arruolamento mafioso dei nostri giovani che a me sembra un problema enorme. Un problema di democrazia anzitutto.
La differenza in Calabria e nel Sud rispetto al resto del Paese, che segnala così una “questione meridionale” anche per il disagio giovanile, è che se altrove il disagio scivola nella devianza criminale, ossia nella violazione della legge, interroga pedagogisti, insegnanti, volontari, qui al Sud diventa, invece, spesso immediatamente problema di mafia. E la mafia è il peggio che possa desiderare il Sud, perché non solo riduce i diritti di cittadinanza e tiene in scacco i cittadini, ma impedisce lo sviluppo e la libertà, di camminare, pensare, di fare impresa. Dinanzi ai giovani ed ai giovanissimi che si affacciano alla società, spesso il mondo degli adulti non ha risposte o addirittura ha risposte sbagliate. In Calabria è tempo che gli adulti si facciano un esame di coscienza e prendano atto che il fallimento che abbiamo sotto gli occhi lo hanno provocato anche loro, ubbidendo alle logiche parallele alla democrazia, quando diciamo si ad un politico che in cambio per un favore che è un diritto ci estorce il voto, inconsapevolmente contribuiamo a far andare avanti un sistema mafioso, di politicanti che non amano ma sfruttano la Calabria per arricchirsi. L’adolescenza, come si sa, è una passaggio critico della vita della persona, per una serie di ragioni, finisce l’infanzia e si cerca l’autonomia dai genitori, ma soprattutto è un momento di rifiuto dell’autorità dei genitori e di affaccio al mondo esterno dove ad attenderli purtroppo ci sono modelli democratici non affidabili.
La scuola, con tutti i problemi che ha, non è nelle condizioni di prevenire il disagio giovanile che, in assenza di luoghi idonei e di persone adeguate ha come sbocco la violenza o la violazione delle leggi. Mancano gli esempi giusti, ecco io mi soffermo sull’esempio, prima che pedagogico, umano che spesso manca ai nostri giovani che vedono, intorno a sé, il più delle volte l’incoerenza in tutti i luoghi, incontrastata quando non premiata. L’incoerenza e una cultura della vita, che recepiscono dalla televisione, che non punta sul merito e la qualità, la passione per il fare le cose, il senso del dovere e del rispetto dello spazio pubblico, ma sul pressapochismo, l’arrivismo e i soldi come significato di successo e di superiorità. Ora siccome il successo non tutti possono conseguirlo, quando si intuisce da parte dei giovani la sconfitta, essa si vive non con accettazione serena ma come la caduta di un mondo fittizio che rischia di far precipitare l’equilibrio dei giovani.
Viviamo in una società in cui i valori della famiglia e dei legami umani sono vissuti come fossero merci qualsiasi, non legami fondamentali senza cui l’individuo è debole ed esposto ad ogni intemperia emotiva. Occorre irrobustire tutta la rete di soggetti che operano accanto i giovani e per i giovani in Calabria, badando non solo alla parte finanziaria, che pure è importante, ma soprattutto ai risultati che si è in grado di ottenere. Se in un territorio il disagio aumenta occorre chiedersi cosa non funziona e chiedere alle agenzie di formazione dove sbagliano, di cosa hanno bisogno per fare di più. È necessario recuperare i giovani alla democrazia, perché la democrazia non è un bene che ci portiamo nel sangue, ma è frutto di un’educazione che va data e una forma del pensiero che va insegnata e curata con attenzione e costantemente. Sono del parere che la nuova regione che dobbiamo costruire, debba avere in assessorato alle politiche giovanili che si attivi su tutto il territorio calabrese per far capire che la democrazia è un bene, che i killer mafiosi vivono poco, che l’illegalità distrugge la libertà.
Come agire: La Prevenzione della dispersione scolastica e formativa anzitutto. Capendo quali sono le aree territoriali prioritarie che presentano elevati tassi di dispersione scolastica e soprattutto di disagio sociale, che spesso sono le:
– aree urbane degradate, ad alto tasso di disoccupazione, devianza e criminalità giovanile;
– aree periferiche urbane, montane, rurali, isolate contraddistinte da limitate opportunità culturali, formative e sociali;
– aree contraddistinte da rilevanti processi di immigrazione, antica e recente, con problemi di subalternità ed emarginazione linguistica, sociale e culturale .
Si fa riferimento in particolare ad alcuni quartieri delle periferie urbane delle città e a aree ad alta presenza di criminalità organizzata. In queste aree territoriali la scuola deve assolvere ad una funzione pedagogica, formativa e di socializzazione maggiore che in altre aree a causa della debolezza dei contesti familiari e ambientali e delle comunità locali. In questi territori si deve potenziare la qualità del sistema scolastico e del sistema formativo offrendo maggiori opportunità di istruzione, formazione e crescita alle nuove generazioni, soprattutto a coloro che vivono condizioni familiari e ambientali di disagio e esclusione.
Concordo pienamente Pippo!
Credo che la questione dei giovani calabresi che si affacciano nel mondo adulto sia un problema serio che più che mai richiede soluzioni a mio parere drastiche. La tua individuazione delle aree d’intervento deve essere accompagnata da un programma di “rieducazione ai valori porta a porta” che miri a scuotere le giovani coscienze purtroppo immerse in una cultura mafiosa che tende al contrario ad opprimere e ad uniformare i ragazzi ad un unico e solo comportamento.
Inoltre l’azione rivolta ai giovani andrebbe in qualche modo affiancata alle opportunità concrete che la società propone loro. Credo infatti che prima di tutto a questi ragazzi bisogna dare una prova che stare nella legalità e nell’onesta civile conviene a loro stessi.. attraverso programmi d’integrazione che favoriscano e sviluppino opportunità sociali e lavorative concrete … insomma dare prova del fatto che i giovani per la Calabria intesa come Istituzione sono qualcosa di speciale.
Oggi regna nell’animo dei ragazzi solo rassegnazione e un forte senso di disorientamento che porta anche a sentirsi un peso e non una risorsa!
Si danno incentivi su tutto, perché non si pensa ad una sorta di incentivo a stare nella legalità: la butto lì, ad es., 9 in condotta viaggio premio……….tempo speso a favore della società civile trasformato in punti da spendere al cinema o al teatro…ecc.
raffaele la proposta mi piace ma deve essere studiata meglio! comunque approvo!
disponibile a dare una mano concreta.