La Calabria esca al più presto dall’isolamento politico
L’impressione è che i vertici nazionali del centrosinistra non vogliano neppure accostarsi al caso Calabria. Ora, considerare la Calabria un’appestata è anche plausibile, visti gli episodi d’inaffidabilità di cui la politica calabrese ha dato prova nel tempo e gli episodi di casi di malaffare, malasanità e declino economico della regione. Ma attenzione: la Calabria, fino a prova contraria, è ancora un pezzo dell’Italia ed è sbagliato identificarla con la sua classe politica, che, siamo d’accordo, è la peggiore in assoluto, ma nostro compito dovrebbe essere quello di rinnovarla e d’immettere nel circuito delle Istituzioni competenze, talenti, giovani, donne. Fregarcene, significherebbe consegnare per altri cinque anni la Calabria alla malapolitica, al malaffare e alla ‘ndrangheta. Disinteressarsene significa, non volersi porre, con la necessaria serietà, il problema su cui insisto da un pezzo: il buon governo della cosa pubblica, la riqualificazione della spesa, il rilancio dello sviluppo nella legalità e il freno all’invasività dei poteri occulti in una regione in cui la democrazia è fragile e il bisogno di lavoro enorme. Oggi in Calabria, se il Paese non apre gli occhi e non aiuta i calabresi onesti che sentono il bisogno di scacciare la cattiva politica e riprendersi in mano il futuro, può succedere di tutto. Perciò, è stupefacente anche l’indifferenza del dibattito politico nazionale verso i problemi della Calabria e il silenzio degli stessi media nazionali, che continuamente indicano quali casi di cui Bersani dovrebbe occuparsi il Lazio, la Puglia e la Campania. Ma come: verso una regione in ginocchio come la Calabria, in cui vi è un centrosinistra che ha fallito la sfida della governabilità e la cui unica preoccupazione sembra essere quella di difendere gli uscenti e i cacicchi, Bersani davvero non ha niente da dire? Davvero al Paese non importa per niente capire chi governerà la Calabria nei prossimi cinque anni, o se i meccanismi della selezione saranno in grado di aiutare la Calabria ad uscire dalla palude? A me francamente tutto ciò sembra un’assurdità. Le diverse visite in Calabria di Antonio Di Pietro per fortuna ci rincuorano, ma ciò che è preoccupante è il silenzio romano verso le nostre sollecitazioni e l’incapacità di accettare un dialogo per il bene della Calabria e del Paese.
Per salvare la Calabria dal naufraggio c’è bisogno di un miracolo. Questo miracolo potrà sola avvenire sé gli immigrati e i figli di emgrati calabresi s’impiegheranno efficaciamente a cambiare la mentalità dei calabresi e aiutarli a risolvere la loro depressione collettiva…
Salvatore, emigrato in Francia da 51 anni.