Io resto in Calabria per l’abolizione del listino
“Io Resto in Calabria” è del parere che il “listino” sia antidemocratico e vada abolito. Condividiamo l’obiettivo cui tende il movimento per l’abolizione del listino. Ma in coerenza con l’obiettivo principe che muove l’impegno di Pippo Callipo (rinnovare la Regione e ridare ai calabresi speranza e fiducia), per aderire al movimento è necessario che i promotori condividano con noi ed esprimano disapprovazione – come ha fatto in più occasioni Callipo – per l’innalzamento del numero dei consiglieri regionali da 50 ad oltre 60 in una regione in cui 40 sarebbero più che sufficienti e in cui la percentuale delle famiglie povere è la più alta d’Italia; sdegno per l’introduzione del consigliere regionale supplente e dei sottosegretari in una Regione al limite della bancarotta che impone ai suoi cittadini una tassazione altissima a causa del disastro sanitario; disapprovazione per l’abolizione della Consulta Statutaria, del Crel e della Consulta per l’Ambiente, ossia l’unica porta di collegamento tra il Palazzo e la società civile….
….L’errore, soprattutto in questa sciagurata legislatura, è stato quello di procedere a riforme statutarie inseguendo sempre obiettivi particolari per meglio garantire la continuità della vecchia politica. Non si è mai pensato ad una correzione del centralismo regionale autoritario che ha preso forma in Calabria e che ha avuto come sottospecie il fenomeno – ormai da tutti deprecato ma ancora non superato – che va sotto il nome di Loierismo: un centralismo regionale autoritario-clientelare che ha significato per la Calabria perdita di affidabilità e la nascita di un blocco sociale improduttivo e parassitario quale serbatoio elettorale per politica di centrodestra e di centrosinistra. Ossia una modalità di governo che, in virtù dei forti poteri che la legge attribuisce al Presidente e dell’incapacità del Consiglio di esercitare funzioni di controllo incisive, ha mirato esclusivamente a svuotare la democrazia regionale, a far nascere partiti del Presidente, a sperperare ingenti risorse pubbliche. Noi siamo dell’avviso che in Calabria occorra riaprire una stagione costituente non più, però, nelle stanze chiuse del Palazzo ma aperta alla società civile e che anzitutto includa nell’architettura istituzionale il sistema autonomistico. E’ auspicabile, in tale senso, che le associazioni dei comuni su questi problemi facciano sentire la loro voce. Così come tantissimi enti locali, costretti spesso ad avere una sola relazione con la Regione: assistenziale e clientelare; chiedono provvidenze e la Regione le accorda in base al colore del sindaco o dell’utilità elettorale, ma senza che ci sia alcuna progettualità d’insieme perché manca tuttora un’idea generale della Calabria da realizzare. Rispetto alle previsione di pari ordinazione costituzionale di comuni e province, la Regione ha finito con l’interpretare una funzione di accentramento umiliando istituzionalmente e politicamente il concorso del pluralismo territoriale voluto dalla Costituzione. In termini di etica politica, rispetto ad un simile quadro, la vera domanda da porsi era ed è cosa occorresse e cosa occorre tuttora fare per ridare speranza ad una Regione così duramente combattuta nel traumatico intreccio fra politica e malaffare. Ecco, quindi, alcuni temi su cui vale la pena riflettere e sui quali sarebbe gradita l’opinione di chi ha a cuore il destino della Regione e non soltanto un suo singolo aspetto negativo.