Manca una seria politica di difesa del terriotorio
Le piogge intense mandano a catafascio la Calabria, uccidono, feriscono e arrecano disagi enormi. Siamo alle solite: all’abbandono delle aree depresse del Mezzogiorno che in questi giorni di maltempo diventa più drammatico. Questo Paese è paradossale, da un lato il Governo blatera su opere faraoniche ma non mette in sicurezza l’autostrada Sa/Rc, annuncia Banche al Sud ma non ha una politica contro il rischio idrogeologico di cui si parla solo dinanzi alle tragedie. Crolla la Calabria nell’indifferenza di tutti, forse perché “chi governa e chi comanda ha costruito fortune sulle catastrofi naturali e sulle disgrazie della gente”. Sembra una frase ovvia, ma è purtroppo la sintesi di più osservazioni puntuali. Quanti miliardi e denunce nel corso dei decenni, parole al vento! Le risorse finanziarie, che pure non sono mancate, non riescono mai ad alimentare alcun circuito virtuoso e il territorio, anziché essere considerato bene pubblico da difendere a tutti i costi, è offeso, deturpato e occupato abusivamente in assenza di Autorità nazionali e regionali in grado di far rispettare le leggi e incentivare l’equilibrio urbanistico delle aree interne. Non c’è alcuna capacità, ancora, di dare corso a strategie di difesa della montagna e delle coste. Cosi assistiamo alla desertificazione sociale dei paesi dell’entroterra, dove nessuna politica fino ad ora è stata capace di valorizzare la ricchezza naturale e storico – culturale, e all’erosione delle coste, dove i litorali sono pregiudicati da cementificazione selvaggia e illegalità. E’ osservando senza pregiudizi quanto accade in questi giorni che si coglie, assieme alla fragilità del territorio, l’irresponsabilità della politica che negli anni non ha mosso un dito per impedire la rapina dell’ambiente e ha lasciato fare per interessi diretti o clientelari. Le cronache dei disastri ambientali hanno tutte molti punti in comune, ma lasciano tutte, specie se l’occhio osserva la decadenza delle zone interne della regione, intuire la responsabilità di chi avrebbe dovuto intervenire e invece si è girato dall’altra parte. La Calabria è a rischio geologico e a forte rischio sismico, ma tra una catastrofe e l’altra, nulla è cambiato. La prevenzione è inesistente, benché oggi si sia in grado di fare, con ampio lasso di tempo, previsioni puntuali sulle intemperie, compreso l’andamento delle piogge. Il dramma è che si sa tutto, ma si è come impotenti ad agire e quando i soldi ci sono si è incapaci di spenderli. O quando si spendono, si ubbidisce a logiche parziali, si spezzetta, per interessi localistici e clientelari, il finanziamento, si seguono logiche particolari e ci si dimentica dell’interesse generale, dando libero sfogo agli appetiti dei peggiori calabresi. Occorrerebbe, finalmente, poter avere una Regione autorevole, che anzitutto chieda conto a tutti gli amministratori locali di come siano stati spesi i soldi avuti per la difesa del suolo, che fine abbiano fatto sussidi e fondi elargiti per le calamità nel corso degli anni. Occorrerebbe una politica regionale complessiva per il territorio con una visione d’insieme delle diverse problematiche aperte. Una Regione autorevole che ficchi il naso, assieme alle altre autorità competenti, in tutte le aree della Calabria per sanzionare lo sventramento delle montagne, l’inquinamento dei fiumi, la chiusura delle vie naturali delle acque. Temo però che, nonostante sia urgente un intervento rigoroso di sanatoria ambientale e di razionalizzazione delle risorse, oggi, forse, anche per le menti più oneste questa azione sia davvero difficile, perché nel frattempo il territorio e le sue ricchezze sono stati sottratti alla fruizione dei cittadini, degli imprenditori sani, delle associazioni, e consegnati in buona parte nelle mani della mafia, del malaffare, di speculatori avidi che hanno dirottato nei loro conti in banca ingenti fondi comunitari la cui destinazione era ben altra.