Non mi piego alla scelta peggiore
NON MI PIEGO ALLA SCELTA PEGGIORE*
Egregio Direttore,
molti, anche amici cari, mi pregano, in queste giornate frenetiche, di recedere dall’impegno assunto con la Calabria e ufficializzato in più occasioni pubbliche che hanno visto la partecipazione di migliaia di calabresi. Mi chiedono di fare un passo indietro per evitare di far vincere il centrodestra. Dico subito che andrò avanti e che non tradirò. Ma devo confessare che mi spiace tanto l’insistenza di questi amici, perché mettono in mostra, forse senza avvedersene, una rassegnazione che non mi appartiene, né come individuo né come candidato. Come se mi dicessero: annullati come persona e fregatene di quello che capiterà alla Calabria da qui al 2015, la quale, secondo i loro ragionamenti, non ha speranza. Come, in sostanza, se la scelta del meno peggio (Loiero) fosse l’unica nostra possibilità. Mi spiace, ma io non mi piego alla scelta peggiore. La Calabria deve scegliere il meglio, se ci crede. C’è una sfiducia da parte di questi amici, in ogni ipotesi di cambiamento che, se fosse davvero così, ci dovrebbe indurre a lasciare la Calabria e a non tornare più. Invece io voglio restare in Calabria e provare a cambiarla. Sarà una follia, ma mi piacerebbe che questa follia contagiasse i tanti amici che in questi giorni mi vengono a trovare e se ne vanno senza l’esito sperato. Io a questi amici rispondo: facciamolo insieme, se non ora quando? Promuoviamolo, adesso e qui, il rinnovamento sempre negato alla Calabria. Cosa ce lo impedisce? Abbiamo tutto ciò che serve, forza e intelligenza, per dare una spallata al vecchio mondo politico e costruire qualcosa di veramente nuovo. Quando io resisto alle sollecitazioni degli amici, perché ho contezza di una Calabria che non ne può più delle solite facce al potere della Regione e che si sentirebbe abbandonata se appoggiassi l’on. Loiero, loro mi rispondono che la società civile calabrese io non l’ho ancora capita, perché ho fatto sempre l’imprenditore e non mi sono occupato mai di politica. Che in realtà – mi spiegano – non esiste una società civile calabrese libera, perché è tutta intruppata alla politica politicante, medici, infermieri, operai, impiegati, professionisti. Una società civile che non reagisce, secondo loro, alle sollecitazioni di affrancamento, perché il voto in Calabria non è libero, ma asservito ai favori fatti o promessi e solo la politica che ha distribuito consulenze, posti, incarichi può vincere. Questa Calabria che mi descrivono tanti amici legati al centrosinistra di Loiero, sarebbe senza idee, diritti, passioni e seguirebbe le indicazioni dei boss delle tessere e non esprimerebbe un voto d’opinione, ma non è vero che io non la conosco. La conosco e non mi è mai piaciuta. Ma è per questo che, noi che crediamo nel mercato, nella politica onesta ed efficiente, nella cultura come libera manifestazione d’idee e confronto, nel diritto della Calabria ad avere un destino migliore di quello attuale, dobbiamo impegnarci a combatterla. A liberarla dal giogo di una politica che, tenendola prigioniera, tiene in scacco tutta la Calabria e la mette in ginocchio. Io continuo a chiedermi (sarà ingenuo politicamente ma non voglio rassegnarmi all’idea che siamo tutti finiti nel baratro dello sconforto), e lo faccio senza presunzione, perché mai oggi in Calabria quella parte della politica che ancora sente l’orgoglio dell’appartenenza ad un’idea, ad un partito, ad un movimento che nel tempo hanno avuto come bandiera il cambiamento della società, non sta dalla mia parte. Perché, pur dicendo peste e corna dell’on. Loiero e del suo sistema di governo, si ostina a dargli fiducia e a chiedermi di rinunciare. Io non voglio impossessarmi per venti/trenta anni della Regione, e non è tra le mie aspirazioni ottenere un pezzo della Regione per fare clientela. Ho intenzione di governare per soli cinque anni, far vedere all’Italia che anche la Calabria ha la capacità, le intelligenze e la dignità del buon governo e che può camminare sulle proprie gambe senza alcun senso di inferiorità. Una regione normale e uguale alle altre, non un territorio di mafia e di brutta politica, di affari e compromissioni. Poi lascerò, tornerò al mio lavoro, che mi piace tanto e mi ha dato sempre tante soddisfazioni, ma solo dopo aver introdotto nella Regione energie nuove, giovani, donne, competenze, voglia di fare, generosità nella gestione del potere pubblico e senso delle Istituzioni. E’ troppo chiedere questo?
*Intervento pubblicato da il Quotidiano della Calabria del 21-02-2010