Callipo da Crotone: siamo giunti al punto di snodo
Siamo giunti al punto di snodo. Crotone è una delle piazze storiche della Calabria e del Sud che meritano rispetto e grande attenzione. Simbolo di lavoro produttivo e di sviluppo un tempo, oggi ridotta a deserto industriale, con problemi di inquinamento gravi e un’esigenza di occupazione e di infrastrutture non soddisfatta. L’assenza di un progetto generale di Calabria, da parte della Regione, l’ha ulteriormente penalizzata. Quando ci si muove solo con finalità assistenziali e particolari, lo sbocco è uguale dappertutto: si accontentano i questuanti, che di solito sono i peggiori cittadini, e si trascurano i bisogni veri delle popolazioni, le ansie di sviluppo reale. Perciò è urgente dare alla Calabria una nuova classe dirigente legata ai bisogni e che abbia la voglia di fare il bene della Calabria. Io ho un sogno: far vincere la Calabria delle persone per bene.
Mi si vorrebbe trascinare nel teatrino della politica, ma io non sono un politico. Ho scelto di candidarmi non perché non abbia nient’altro da fare, ma per l’indignazione che la politica calabrese mi ha suscitato, a me come alla maggioranza dei calabresi. Forse il teatrino della politica non vede bene com’è ridotta oggi la Calabria e non si rende conto, o non vuole, che la Calabria ha le tasche piene di questa brutta politica e che di questa brutta politica vuole liberarsi. Il giudizio di tutti i calabresi, che non rinunciano a pensare con la propria testa, verso la politica è pessimo, negativo. Ora i calabresi sono pronti ad utilizzare l’unica arma di cui dispongono per mandare a casa i politicanti: il voto. Noi con loro abbiamo l’occasione di trasformare la Regione da Ente di potere e di gestione in Ente di sviluppo e programmazione. Votiamo, e vedremo chi ha ragione! Vediamo se prevarrà il blocco sociale – clientelare che sta dietro la “casta” calabrese – fatto perlopiù di questuanti, prenditori, faccendieri, pubblici dipendenti fannulloni, politici di terza fila che rimpolpano gli stipendi nelle segreterie politiche e amministrative della Regione – o il blocco sociale degli onesti che dimostra, nel nostro progetto, fiducia ed entusiasmo, fatto di lavoratori onesti, pensionati, calabresi cui è proibito il diritto alla buona sanità, giovani non succubi della politica assistenziale, il ceto medio e moderato che avverte la frustrazione di non poter contare su una classe politica moderna e presentabile, imprenditori che vogliono restare in Calabria e lavorare grazie alle loro idee… E’ questa la vera scommessa! Non se vince Callipo, Loiero o Scopelliti. La scommessa è se vince la Calabria migliore o quella che ancora purtroppo sostiene il blocco sociale – clientelare che ci ha fatto diventare la regione più povera d’Europa. L’entusiasmo delle migliaia di persone che mi scrivono, mi telefonano, mi vengono a trovare, da parte mia non sarà mai tradito. Io credo che noi, assieme alla maggioranza dei calabresi che hanno capito bene qual è il gioco della politica, tutta la politica, possiamo per davvero vincere. Possiamo dire all’Italia: guardate, anche in Calabria siamo in grado di camminare con le nostre gambe, basta con i politici che vanno ad elemosinare risorse a Roma ed a Bruxelles per poi disperderle in operazioni che non producono mai sviluppo per tutti ma solo ricchezza per pochi. E vi dico anche qual è il mio desiderio profondo: governare la Calabria – assieme agli enti locali, alle forze sociali, agli intellettuali che si slegano per davvero e non a quelli che sono i più legati al potere clientelare – per cinque anni e dare spazio ai tantissimi talenti, competenze, giovani e donne. Poi me ne tornerò alle mie aziende. Con me il “caso” Calabria – oggi affine per molti spetti al “caso” Somalia: ampie fasce di povertà, corruzione, Istituzioni deboli, presenza della criminalità – può diventare il “laboratorio” Calabria. Ossia un laboratorio per la buona politica che assieme alla buona Calabria si mette al lavoro e conta anzitutto sulle proprie forze. Coglie le occasioni di una crisi economica e morale devastante, di cui l’esplosione della rabbia a Rosarno è solo uno dei tanti effetti sociali della polveriera Calabria, e prova a riscattarsi facendo leva sui suoi punti di forza: turismo, piccole imprese, agroalimentare, cultura, tradizioni. Vorrei che le Istituzioni nazionali ed i vertici dei partiti nazionali comprendessero che la Calabria è diventata una regione debole e in cui la mafia controlla, come ha sostenuto più volte il giudice Nicola Gratteri, il 60/70 per cento delle attività economiche; in cui la commistione affari/politicanti/criminalità assorbe la spesa pubblica e impedisce lo sviluppo, deprime il rinnovamento, mortifica la gente per bene e induce i giovani a scappare, (10 mila giovani all’anno lasciano la Calabria dopo che le famiglie hanno fatto su di loro cospicui investimenti).
Perciò, io semplicemente dico: dopo il voto del 28 marzo la Calabria potrà essere un “laboratorio” politico e sociale, cui l’Europa intera sarà costretta a guardare, o piombare nello sconforto. Una regione pronta a un nuovo lavoro che la tolga dal pantano e puntare a valorizzare le sue ricchezze o essere terreno di scorribande per lobbisti, affaristi e politicanti attratti dalle risorse comunitarie. Lasciate che lo dica senza fronzoli: i calabresi, solo loro, hanno in mano il destino della Calabria. Solo la Calabria e può salvare la Calabria. Né Governi né Istituzioni nazionali, nessuno ci verrà a soccorrere. Se lasciamo che, anche stavolta, prevalga il peggio della politica e il peggio della Calabria sostenuto dal peggio del Paese, non ci sarà futuro né per noi né per i nostri figli. Abbiamo, per dare gambe al nostro progetto, compagni di viaggio autorevoli e prestigiosi. Grazie alle tantissime associazioni, espressioni della società civile, che, in una terra martoriata dal sottosviluppo e dalla mafia, non hanno mai mollato la presa, coscienti che il rispetto per se stessi è pari all’impegno che ciascuno di noi è disposto a spendere per la tutela dei diritti fondamentali. La Calabria dei buoni propositi è pronta a salpare l’ancora. Siamo pronti, perciò abbiamo parlato di “Alba di un cambiamento vincente”. Dice il Presidente della Repubblica Napolitano che le classi dirigenti del Mezzogiorno non hanno retto alla prova dell’autogoverno. Chi si è messo alla guida delle Regione del Sud nel corso di lunghi anni, ha avuto responsabilità che non si possono sottacere. Sono parole sacrosante che io sottoscrivo. Perciò confido che la politica nazionale guarderà a quanto accade nel Sud con un approccio meno compiacente verso i cacicchi, i capobastone e i detentori del consenso conquistato con l’uso distorto delle risorse pubbliche e utilizzando ogni mezzo. Hanno costruito carriere politiche spesso immeritate e hanno fatto il deserto, qui a Crotone ma un po’ dappertutto in Calabria. Serve uno scatto di volontà nel Sud e da parte del Sud. Io aggiungo: oggi il meglio dello Stato deve fare un patto col meglio del Sud, altrimenti non solo il Sud non si salva ma l’Italia si spezza. In questo senso noi rappresentiamo la novità che non può essere neutralizzata.