Gioia Tauro, da promessa di riscatto a simbolo della crisi
È sconcertante apprendere che il Porto più importante del Mediterraneo, che doveva essere il principale polo di attrazione economica e commerciale del Sud Italia e che a fronte dell’investimento iniziale doveva da solo riportare la Calabria a standard economici accettabili, sia stato messo in condizioni di dover chiudere l’anno in corso con un passivo del 30% dei volumi di traffico e con prospettive ancor più nere per il futuro. Siamo alle solite, questa Calabria buona solo per slogan elettorali o per costruire opere faraoniche quando mancano i servizi essenziali, si trova oggi in estrema difficoltà proprio nei settori che avrebbero dovuto trainare il suo rilancio e viene abbandonata da un Governo sempre più miope che, tanto per rimanere ai porti, aumenta del 50% le tasse di ancoraggio…
…Lo scalo merci di Gioia Tauro è lasciato colpevolmente a deperire, in quanto a strutture e competitività, da una politica incapace di valorizzare le sue potenzialità in un territorio depresso come quello della Piana e della Calabria intera. Ci viene raccontato che le cause della crisi del porto sarebbero da ricercare nella concorrenza arrembante di altri scali del Mediterraneo, ma si omette di dire che le ragioni di questa scarsa competitività hanno precise responsabilità gestionali e politiche. A cominciare dalle attrezzature e dalle strutture obsolete presenti nello scalo calabrese, macchinari assolutamente inadatti alla movimentazione delle merci la cui inefficienza fa dilazionare i tempi delle spedizioni rendendo antieconomico l’utilizzo del porto stesso. Ma qui a rischio non è solo l’attrattiva economica della regione ma anche la stessa tenuta sociale di un’intera area, prima illusa da promesse di sviluppo e poi abbandonata a sé stessa.